THE NEW POPE un film di Paolo Sorrentino.
The New Pope un film di Paolo Sorrentino .Italia. 2020
Sorprendente e stupefacente la sensazione che mi risulta alla fine dei titoli di coda, degli episodi di New Pope proiettati in anteprima nei cinema dopo la presentazione a Venezia .Prevale anche una dose di sconcerto nella visione netta e chiara di Sorrentino nel considerare il clero e la chiesa cattolica un coacervo di figure al limite dell’umano , ma non intese come divine , ma proprio come personaggi mostruosi e disumani votati al proprio essere , alla propria esistenza terrena con i suoi risvolti di ricerca del piacere, del potere dell’affermazione egoistica anche dei propri bisogni e debolezze. Che il tutto sia in contrasto con i principi e i dogmi religiosi , viene ben spiegato da una battuta del personaggio cardine di tutto il film e della conseguente serie TV , non il Pope o Papa o i due Papi , ma il cardinale Voiello , che recita ,dove c’è peccato mortale , c’è il potere. Questo Cardinale , un ottimo ammiccante Silvio Orlando , dunque cardine di tutto il sistema dei poteri in Vaticano rispecchia realtà storiche ben note ormai, e che il film mette in evidenza non trascurando i conflitti morali ed etici che pure esistono nel clero e nei fedeli della chiesa cattolica. Un film sul Papa , il cinema lo aveva già affrontato con un regista come Nanni Moretti col suo Habemus Papam fin dal 2011 dove il suo Papa è un dubbioso , depresso , e incapace di affrontare il compito che il conclave gli aveva affidato , e che infine dopo aver tentato di guarire abbandona la Santa sede, ma qui con Sorrentino e il suo new pope la questione è più complessa. Questo suo nuovo Papa è stato eletto dopo la morte apparente del predecessore , per calcolo e con la sicurezza di poter contare su una forte personalità. Infatti viene prescelto un prelato inglese molto British nei modi e nei comportamenti. Verrà eletto col nome di Papa Giovanni Paolo III, e si rivela subito un Papa aperto al dialogo e restio agli intrighi di Palazzo .Il personaggio è interpretato da un John Malkovich al meglio che restituisce appieno il tema delle ambiguità e delle doppie personalità che allignano spesso nei grandi personaggi al potere ,Papi compresi. Paolo Sorrentino è un esperto nell’affrontare personalità complesse , tutti i personaggi dei suoi film lo dimostrano ,dunque questo suo nuovo papa si rivela nel corso della storia differente e sempre più originale da come si era presentato . Ad ogni modo , dovrà confrontarsi con tutto il sistema del vaticano, con le varie dottrine ,integralismi e innovazioni e dopo un colpo di scena anche con il precedente papa , che resuscita , ovvero non muore più di infarto ma guarisce e ritorna in vaticano per contendere al nuovo papa eletto la guida della chiesa . Un Problema che parte dalla fantasia ma in fondo trova in qualche modo riscontro nella realtà. Intanto i temi del celibato, della pedofilia e omosessualità ,del ruolo delle donne, dell’erotismo tutti presenti nella chiesa cattolica vengono mostrati anche con provocatoria esibizione formale, con stile barocco e forse surreale, e quindi in grado di colpire il grande pubblico televisivo, in modo diretto ed efficace. Un grande regista autore come Sorrentino , non poteva limitarsi però alla serialità televisiva nella narrazione, ed infatti pone luogo ad una sperimentazione di linguaggio che libera il film dalla costrizione seriale e realizza per episodi tanti racconti compiuti di forma e di contenuto espressi in modo tale che lo spettatore sia autonomo nella ricostruzione della storia dei personaggi e dei temi trattati , giungendo ad una propria personalizzata visione dell’opera. Il giudizio del pubblico potrà confermare questo tentativo decretando il giusto successo a questo film di sicuro valore cinematografico . (mauridal)
Conversazione su Tiresia di e con Andrea Camilleri Un film di Roberto Andò
Conversazione su Tiresia di e con Andrea Camilleri Un film di Roberto Andò Tiresia sono. Così Camilleri entra in scena accompagnato sotto braccio e si siede su una seggiola , con un lume ,unica scenografia nella suggestiva arena del teatro greco di Siracusa. Inizia così un lungo racconto recitato con profondità dalla stessa voce di Camilleri che con i toni giusti del narratore antico ci rapisce con la storia di questo personaggio ,Tiresia che dalla letteratura di tutti i tempi è stato trattato e raccontato in mille modi. Quale versione di Tiresia ci restituisce lo scrittore e narratore in scena. Tiresia è un indovino poeta accecato dagli dei forse proprio da Atena ma la cecità non gli impedisce di presagire il futuro ma neanche di rivelare i segreti degli dei e degli uomini. Da Omero in poi e per tutta la letteratura scritta per secoli in seguito fino d oggi è stato un personaggio ambiguo . Per alcuni dovuto alla trasformazione voluta da uomo a donna sul monte Citerone vicino Tebe sempre ad opera degli dei ma anche perché le sue predizioni erano per lo più poco veritiere se non addirittura false ma per chi ne era destinatario e le richiedeva risultavano ambiguamente verosimili e dunque accettabili . Ecco che qui si spiega la scelta di Tiresia per Camilleri allorquando una volta raggiunta la cecità che impedisce alla persona di guardare la realtà , subentra il personaggio che vede oltre la verità delle cose e degli uomini e lo scrittore Camilleri diventa tutt’uno col personaggio Tiresia per raccontare storie e luoghi verosimili ma in fondo falsi e accettabili : sia Tiresia che Camilleri sono ciechi ma vedono meglio degli altri tutte le verità del mondo, e questo li accomuna. Dunque alla fine persona e personaggio coincidono e questo a detta del vecchio Camilleri scrittore è il massimo che uno scrittore qualsiasi possa raggiungere. Ora il film si pregia di dettagli e primi piani sul volto e i gesti del narratore che pur parlando soltanto apre la immaginazione dello spettatore alle più diverse interpretazioni di persone e luoghi . Questa ultima interpretazione di Tiresia ad opera del grande vecchio Camilleri dunque non conclude una vita artistica ma apre la persona ad una eterna camminata accompagnata dal personaggio che vivrà per sempre nel plauso degli spettatori del teatro greco di Siracusa. (mauridal)
HO VISTO NUOVI FILM: RECENSIONI MAURIDAL
1917. film REGIA. DI SAM MENDES. GB 2019 " VINCE CHI SOPRAVVIVE", dice l’ufficiale al soldato. In una guerra dove esiste solo orrore e stupidità e tutti sanno che non c è un vincitore. Le due guerre mondiali del novecento sono state solo orrore , macelleria , soprattutto stupidità dei governanti che le dichiarano e degli eserciti che le hanno eseguite . La prima grande guerra del 1915/18 , guerra di trincea è stata una vera macelleria umana dove i soldati sono stati mandati a morire nella maniera più atroce in cui i combattimenti erano solo dei massacri e mutilazioni dei corpi . La vera storia delle guerre combattute sul campo, non è mai stata scritta , e questo film cerca di raccontare la guerra del ’17 attraverso gli occhi sbarrati di un giovane tenente, dell ‘esercito inglese la sua incredulità dinanzi ai fatti di una guerra ,che lo travolge senza potersi opporre e che tuttavia alla fine ,accetta fino a portare a termine una missione disperata. Il film è una sola grande carrellata visiva non un vero piano sequenza unico e non interrotto ,ma questo non toglie nulla all’effetto di coinvolgimento dell’attenzione sul personaggio principale e pochi altri di appoggio . Dunque lo spettatore fin dalla prima scena punta lo sguardo sul protagonista e poi lo segue in una unica corsa fino alla fine della storia . La scelta formale è di un grande regista che sa fare cinema , tanto che la storia si racconta da sola , attraverso le azioni e i pensieri e gli scarni dialoghi del tenente poco più che un ragazzo , con in tasca la foto della giovane moglie e della figlia con la scritta torna a casa. Non un film dal pacifismo buonista e l’ovvio messaggio no alla guerra , ma credo un punto di vista efficace per il messaggio no alle guerre stupide e idiote volute da simili governi guidate da generali e militari di altrettanta qualità. Il generale , che nel film vuole mandare a tutti i costi al massacro una intera divisione ,non prestando attenzione ai nuovi ordini che il povero giovane soldato pure riesce a portare in tempo , è forse il simbolo dell’antimilitarismo che Sam Mendes vuole in ultimo suggerire ,poiché la battuta finale vince una guerra chi sopravvive dimostra che un vero vincitore , in una guerra non esiste. (mauridal)
ASPROMONTE -LA TERRA DEGLI ULTIMI un film di MIMMO CALOPRESTI
ASPROMONTE LA TERRA DEGLI ULTIMI un film di MIMMO CALOPRESTI Quando si vogliono ritrovare le proprie radici ,bisogna affondare i piedi nella terra. In questo film pieno di di immagini dove il vero è reso con un ricercato “verismo “ addirittura con una scelta iperrealista ,le inquadrature si soffermano sui piedi nudi dei personaggi che affondano nel fango dei luoghi abitati da gente poverissima , dai paesani di Africo vecchio paesino arroccato sulle montagne dell’Aspromonte calabrese . Con quelle inquadrature di povera gente contadini e pastori che affondano nella povertà di una Calabria anni cinquanta , anche il regista ha voluto riaffondare la propria memoria in quegli anni e in quei luoghi dove ha vissuto e da dove è partito come hanno poi fatto tutti gli altri abitanti alla fine della storia. Un vissuto che riemerge nelle figure tipiche dei paesini del sud Italia agricolo e pre industriale. A personaggi tipo il prete , Il sindaco Il commissario di Polizia il brigadiere dei Carabinieri . In quella realtà calabrese ,così come in Sicilia e anche altrove, si affianca un Don con lupara o pistola, ma anche un medico condotto e la maestra elementare che veniva dal Nord come una missionaria o si direbbe oggi una volontaria umanitaria per portare elementi di civiltà in quelle popolazioni di frontiera. Il caso narrato dal film è infatti proprio di un paesino remoto ai margini di una lontana frontiera del benessere normale che viene evocata come la marina ovvero la parte di Africo abitata sul mare giù dalla montagna ,Una divisione del sopra e sotto che viene ben resa dal fatto che non esisteva una strada né carrozzabile ma neanche pedonale tra le due zone bensì una fangosa mulattiera per animali. Qui si sofferma la storia narrata della disgrazia accaduta ad una donna del paese morta di parto col figlio per non essere stata soccorsa dal medico per la mancanza di collegamenti stradali . Dunque la storia parte proprio dagli ultimi dai poverissimi che muoiono di fame e di stenti senza diritti e senza alcuna garanzia di vita civile . Un popolo che abbandonato dal potere legale dello Stato si deve assoggettare agli unici poteri esistenti sul posto il Don parroco e il Don padrino ovvero il mafioso locale che non esita a sparare sugli uomini che organizzati dalla disperazione iniziano a costruirsi da soli una strada lastricata di pietre e massi squadrati che unisca il paese con la marina di sotto. Anche le autorità legali sindaco e prefetto sono contro i paesani perché la neo strada in rudimentale costruzione è in effetti abusiva e senza alcuna norma di sicurezza ma in tale circostanza i poteri si uniscono per reprimere l’unica istanza di ribellione civica che ad opera di alcuni uomini contadini e pastori ma anche donne e ragazzini e la maestra di scuola forestiera di Como si realizza con una decisa insolita Unità di forze e intenti contro tutti poteri e contro tutti le autorità . Dunque Calopresti anarchico e regista che ricostruisce una storia forse accaduta tanti anni fa in un paesino Africo ,della Calabria scordata . Direi un film di socio storia del nuovo verismo da Visconti per l'alto livello di formalizzazione che caratterizza il film, nei valori compositivi dell’immagine , passando per Rosi finendo a Pasolini ma forse anche attraversando Anghelopulos e Ken Loach. Dunque un socialismo democratico e umanitario forse il messaggio di Calopresti interpretato attraverso un Marcello Fonte , un Marco Leonardi un Sergio Rubini e una Valeria BruniTedeschi , sempre glamour, si riafferma la radice nella terra del regista ma il cameo della parlata calabra di miss Calabria Elisabetta Gregoraci , nel finale del film direi oscura tutti e ci riporta a una più rapida uscita dal cinema per un happy end con gli amici cinefili.( mauridal) .
L UFFICIALE E LA SPIA J'ACCUSE un film di Roman Polanski
J'ACCUSE -L UFFICIALE E LA SPIA film di Polanski
recensione mauridal. Come non considerare il fatto che la vecchia guardia sopravvissuta oggi , di registi di cinema, europei e americani, come Scorsese, Polanski, Spielberg, Wenders, marchi ancora presenza con autorevolezza e meritata considerazione per ciò che ancora loro riescono a fare. Dunque come non proclamare l'ultimo film di Polanski un vero capolavoro di rigore e certezza formale includendo un prezioso linguaggio pittorico- cinematografico di rara fattura. Potrebbe sembrare una premessa inutile visto il valore del regista Polanski ma per questo film vale la pena soffermarsi su quei valori di solidità e rigore formale che raramente il cinema esprime nei nuovi registi. Questo film narra della vicenda Dreyfus in una Francia belle Epoque durante la cosiddetta Troisième Republique , piena di vicende politiche ma anche culturali e artistiche. Tutto il film dalle prime inquadrature riesce a restituire l'ambientazione, i colori quasi gli umori fisici di quell'epoca e di quei personaggi in una Parigi che tutti noi abbiamo sognato di vivere frequentando i bar le Galèrie i tabarin e perché no i Café chantant con uno sfrenato can can. Tutto citato nel film. Ovviamente non è nostalgia per il bel tempo che fu, il film prende poi tutt'altra narrazione ,poiché attraverso Dreyfus accusato di spionaggio si svela tutto il mondo di complicità e di colpevole collusione dei vertici politici e militari francesi che di quella ingiusta accusa furono artefici: Dreyfus fu condannato non perché veramente colpevole ma per le falsita e gli errori voluti e sommati di varie autorità politiche militari, e in specie dei servizi segreti, e sappiamo di cosa questi sono capaci. Interviene stavolta a pubblicare la verità dei fatti uno scrittore e giornalista come Emile Zola che con il suo J' accuse metterà in crisi Esercito e Governo prendendo le parti di Dreyfus . Dunque il film riproduce perfettamente quella storia ma con una bella e fedele descrizione dei personaggi ,appunto Dreyfus la spia, ma anche Picquart, l'ufficiale che pur di affermare la verità da lui scoperta passa attraverso una serie di vicende che lo porteranno nei guai , eppure contro, il suo esercito e lo stesso Stato in cui credeva come una fede . Degna nel suo ruolo femminile di amante affettuosa la bella attrice Emmanuelle Seigner, in un film al maschile, dove domina Dujardin, ottimo interprete del tenente Picquart, mentre proprio l’interprete di Dreyfus non è al massimo con Garrel. Dunque Polanski maestro di cinema ha scelto di riprendere la difesa di un uomo accusato ingiustamente perché vittima di pregiudizi, Dreyfus, ebreo ,in una Francia che inizia allora cosÏ una china antisemita che sfocerà nella susseguente macelleria nazifascista. Una coincidenza con le incriminazioni recenti all'uomo Polanski ebreo polacco ? Forse no ma la enorme distanza tra le due vicende non consente alcuna conclusione, tranne un segnale di allarme per storie di attualità che richiedono attenzione da parte di uomini di cultura, registi scrittori e giornalisti pronti a intervenire a difesa delle ingiustizie anche con i propri J'accuse. (mauridal)
CIRO l'IMMORTALE
L’IMMORTALE Film di Marco D’Amore Recensione di mauridal. Dai nemici mi guardo io, dagli amici ... Ovvero l’immortale amicizia tra Ciro e Genny. Quando si cerca di ricostruire la vicenda di un delinquente napoletano , a partire dalla infanzia, e durante tutto il racconto si evidenzia come la povertà storica dei quartieri di Napoli e della gente che vi abitava avrebbe portato inevitabilmente a delinquere e a cercare tutte le attività illecite, possibili, dal contrabbando allo, spaccio, allora capiamo come il piccolo povero ma furbo e coraggioso Ciruzzo , riesce a cavarsela sognando una famiglia che non ha mai avuto , una fidanzata che non avrà mai insomma una vita normale che per lui non è mai esistita. Intanto ,tutti i personaggi dell’infanzia dai ragazzini mariuoli ai più grandi capi lo accolgono, e poi lo avvolgono in una grande famiglia. In seguito, anni dopo Infatti dai vicoli e dalle periferie di Napoli lo ritroviamo , Ciro immortale , dopo un salto narrativo previsto dai molti flash back che ricostruiscono a ritroso la sua vita. Dunque viene in contatto e prende accordi con le mafie dei paesi dell’est , in particolare lo ritroviamo in Lettonia a Riga città dalla luce perennemente sinistra. Ovviamente il personaggio è il naturale seguito (orribile il termine spin-off) di Ciro Di Marzio della serie Gomorra sebbene riveduto e corretto. Dunque il Ciro che sopravvive alla fine della serie TV , sul grande schermo ridiventa un criminale stavolta fuori zona cioè implicato in traffici internazionali, dove lo spostamento della merce droga , implica grandi movimenti di container e camion in porti stranieri. Quasi con malinconica nostalgia , rivediamo così in un flash il contrabbando delle sigarette sulle barche del golfo di Napoli: tutto si evolve e anche il crimine trova altre sponde. Purtroppo Ciro non può staccarsi dalla vecchia vita è l’uomo giusto per continuare una storia criminale e viene in contatto prima con la mafia russa e poi con gli antagonisti Lettoni in guerra fra loro per la supremazia dei traffici di droga, in quei paesi. Si apre nella narrazione del film un quesito interessante .Per chi parteggia un Ciro napoletano tra le due forze in campo. Intanto si pone anche una ulteriore questione , troppo spesso ignoriamo noi comuni mortali ciò che i vari immortali già sanno ovvero che le mafie esistono nel mondo e sono in guerra fra loro e quindi bisogna farci i conti. Un tema del film che forse travalica la storia di Ciro che comunque deve faticare per far sopravvivere i suoi uomini della cosiddetta Paranza criminale che provenendo tutti da Napoli hanno addirittura costituito una piccola comunità con mogli e figli oltre confine in quel di Riga dove lavorano solo contraffacendo abiti e vestiti griffati. Dunque dalla droga a quasi operai , in una fabbrica di sedicenti magliari . Ma gli scarsi guadagni e le povere condizioni di vita tentano sempre di trovare una scorciatoia con il traffico di droga e Ciro coglie l’occasione della guerra tra mafie dell’est per inserirsi e giocare a favore prima dei Lettoni contro i russi , ma poi alla fine , di fronte alla spietata reazione di questi che ammazzano in un raid gli uomini di Ciro , proprio quegli operai disperati prende accordi con il capo dei mafiosi russi per annientare con le armi gli avversari lettoni pure una banda di criminali ma dalle strane fattezze cioè nazionalisti che vogliono combattere , per liberare la comunità dei lettoni dal giogo economico e dunque criminale dei russi. Una guerra che Ciro non sceglie di combattere perché come pure dice “ si può scegliere ma il difficile è tornare indietro “ Quindi il film prende una svolta finale tutta thriller e Pulp dove spari teste mozze e stragi varie fanno giustizia di russi cinici e dei Lettoni paranazisti , sicuramente nemici della vita che Ciro voleva ancora fare da buon immortale. Tuttavia il finale sorprende anche per la fine degli amici di cui Ciro si fidava come Bruno , un vecchio amico della infanzia napoletana e suo complice che addirittura da piccolo , Ciro aveva salvato dai finanzieri al tempo del contrabbando e che dopo tanto tempo invece lo aveva tradito nella guerra contro i russi. Dunque l’ immortale si vendica dei nemici stranieri sterminandoli tutti ma all’amico Bruno traditore preferisce assegnare la condanna della vita , con tutti rimorsi e tormenti per cui non lo uccide , conoscendo la vendetta Shakespeariana. Il gran finale riserva al pubblico appassionato una conferma , l’amicizia fraterna , è immortale come quella tra Genny e Ciro che chiudono il film ancora insieme nella contro luce di Riga. Due ottimi risultati nel film per l’interpretazione di Giuseppe Aiello il Ciro da bambino e per la preziosa regia di Marco D’Amore già collaudato interprete dell’immortale. (mauridal)
MIA CARA MADRE ...un film di Alessandro Scippa e Canio Loguercio
Un anno fa il responsabile artistico del Club Tenco mi chiese di reinterpretare "Lacreme Napulitane" per una compilation dedicata al tema delle migrazioni. Subito non mi sembrò una buona idea, non mi ci vedevo a cantare quella specie di inno ufficiale della sceneggiata, una canzone che, tra l’altro, è un vero e proprio monumento, ed è stata già magistralmente interpretata da artisti del calibro di Massimo Ranieri, Roberto Murolo o Sal Da Vinci. Eppure pensai che in un qualche modo dovevo farlo, perché quelle parole scritte da Bovio nel ’25 parlano di una storia che, soprattutto di questi tempi, è bene che non sia dimenticata. Una storia che appartiene a tutti coloro che lasciano la propria terra, che provano a costruirsi una nuova vita altrove, in un mondo nuovo spesso ostile, in cui il sentimento della nostalgia diventa una piccola fortezza dove conservare gelosamente i propri ricordi. Mia cara madre sta pe' trasi' Natale / e a sta' luntano chiu' me sape amaro. Da questo primo verso della canzone, di questa lettera inviata alla propria madre, emerge tutto lo struggimento di una condizione segnata dalla solitudine, dalla mancanza degli affetti più cari, nella consapevolezza che il presente e il futuro, oramai da vivere in un altro luogo, marcano anche la distanza da un tempo definitivamente passato. E così alle parole della prima strofa abbiamo aggiunto quelle scritte alle proprie madri dalla tunisina Mbarka Ben Taleb, da Pierre, Badara e Malick Fall provenienti dal Senegal, da Jomahe, venuta in Italia dall’Ecuador, da Chitra, scritte per sua madre nello Sri Lanka, e poi questi versi del giovane ivoriano Issoufu, “Ciao mamma, sono io, tuo figlio, il tuo piccolo, però mamma sono cresciuto e ormai il tempo, la distanza, il vento, il mare che c’è tra noi mi hanno fatto crescere.” Per il video, il regista Alessandro Scippa ha pensato di provare a descrivere questo stato di nostalgia innanzitutto con gli sguardi, mescolando presente e passato sullo sfondo di una Napoli fantastica, che diventa anche un po’ America vista dal Molo San Vincenzo, luogo estremamente simbolico, da dove partivano i bastimenti all’inizio del secolo scorso, ancora interdetto al pubblico, ma che abbiamo potuto utilizzare grazie all’Associazione “Friends of Molo San Vincenzo”. Un video che è piuttosto un mini film “poetico” che si chiude con l’immagine di una surreale “ultima cena” girata nel Chiostro di Donnaregina, una tavolata che raccoglie migranti di ieri e di oggi, ognuno portatore della propria identità da celebrare, ben consci che "'nce ne costa lacreme st' America", ma uniti da una memoria comune che riecheggia nel suono nostalgico di una banda (la Banda Basaglia). “Mia cara madre” anticipa l’uscita del mio prossimo disco con la casa editrice indipendente SQUILIBi, particolarmente impegnata nella rivisitazione e rilettura della canzone napoletana nonché, insieme al Club Tenco, nella promozione della nuova canzone d’autore. E’ un progetto che ha coinvolto molte persone, tanti artisti e una affiatatissima troupe che ringrazio di cuore per la passione con cui hanno contribuito alla riscrittura di una delle canzoni più belle e famose del repertorio classico napoletano, provandone a fare emergere quel senso profondo di nostalgia, quel dolore dovuto alla distanza dalla propria terra che appartiene alle migrazioni di tutte le epoche. Mia cara madre Una rielaborazione di Canio Loguercio di “Lacreme Napulitane”, canzone scritta da Francesco Buongiovanni e Libero Bovio nel 1925 Arrangiamento e programmazione musicale di Canio Loguercio e Rocco Petruzzi Un video di Alessandro Scippa . C'è una bella contentezza nelle nuove Lacrime napulitane di Canio Loguercio. Una contentezza che fiorisce in ogni immagine e in ogni suono. L'emigrazione è una vicenda dolorosa, ma Canio toglie cupezza e lamento. Il video e il canto hanno una leggerezza mozartiana bagnata tra il calore del Vesuvio. Abbiamo bisogno di artisti che sanno alleggerire il carico, che sanno alludere al disagio radicale del nostro tempo senza insabbiarsi dentro. Franco Arminio https://www.youtube.com/watch?v=MBnv8FHuilU Un video di ALESSANDRO SCIPPA Una rielaborazione di CANIO LOGUERCIO di “Lacreme Napulitane”, canzone scritta da Francesco Buongiovanni e Libero Bovio nel 1925
HAMMAMET UN FILM di Gianni Amelio. recensione mauridal
Hammamet un film di Gianni Amelio ITA 2020 Quando il cinema si occupa di personaggi della recente vicenda storico politica e cerca di ricostruirne la biografia attraverso episodi e testimonianze della cronaca ,allora si corre il rischio di essere parziali nella parte storiografica. Del tutto libero di reinterpretare il personaggio, il regista autore di cinema si muove quindi nell'ambito della finzione narrativa pur se verosimile o quasi aderente alla realtà dei fatti. E' accaduto in molti casi di recente cinema italiano d’ autore ,come Sorrentino, Moretti per i film su Andreotti e Berlusconi, come Bellocchio su Moro Falcone , Buscetta. In Italia abbiamo una tradizione di cinema politico a cui rimando per eventuali approfondimenti, ma qui nel film di Gianni Amelio si tratta del personaggio Bettino Craxi uomo e politico alla fine del suo percorso sia politico che esistenziale. Si narra infatti dell'ultimo periodo di vita nell'esilio di Hammamet dove Craxi si rifugiò per sfuggire alle condanne definitive dei giudici nei vari processi di" mani pulite". Un film su di lui mancava all'appello e necessariamente il regista ha voluto riempire il vuoto per non sottrarsi ad un cinema realistico impegnato come nella sua ricerca da LAMERICA in poi . Il personaggio mai nominato col nome Craxi è il protagonista del film interpretato dall'ottimo e collaudato Pierfrancesco Favino che dopo Buscetta non teme rivali , come attore dalla faccia modellabile e qui si conferma appieno non solo per la somiglianza ma per gli atteggiamenti , il modo di parlare gli accenti ironici insomma una totale identificazione col personaggio ! Dunque un personaggio riuscito a cinema. Ma qui si tratta di un politico e per di più della recente storia politica italiana ,dunque come non affrontare allora le mille domande che il film stesso ci pone già dalle scene iniziali dove un Craxi segretario del PSI trionfa nel congresso del suo partito che lo porterà a diventare premier di governo. Fin dall'inizio si inietta nello spettatore il dubbio che il politico non fosse genuino e sincero ,ma addirittura attore di se stesso recitante in una commedia , in un teatrino della politica italiana , dove tutti sono coinvolti ma lui di più per indole istrionica capace di esibirsi e di esporsi incurante e sprezzante in una bolla di super poteri , riconosciuti e apprezzati invece dal popolo , e per questo votato al successo totale. Il dubbio se fu vera gloria nell'avanzare del film si conferma , allorquando un altro personaggio Vincenzo , interpretato da Giuseppe Cederna ,alias Vincenzo Balzamo , un vero politico socialista , interagisce nella storia di Craxi come un suo migliore amico e consigliere inascoltato che già prefigurava in tempi migliori una fine ingloriosa e per molti versi drammatica sia del Partito Socialista che di tutti i suoi componenti a partire dal segretario. Di Vincenzo si narra nel film come suicida dal giovane Fausto , il figlio un personaggio di fantasia , che viene accolto ad Hammamet da tutta la famiglia di Craxi per addirittura adottarlo come figlioccio . Il tutto avrà un senso poiché attraverso questo giovane , il vecchio e malato Craxi si racconta e gli lascerà attraverso un video le verità inconfessabili che potranno affondare l’Italia dopo la sua morte. . Le giovani generazioni sono simbolicamente rappresentate nel film da personaggi come Fausto e Anita figli rispettivi di Vincenzo e di Craxi nella narrazione , che li porterà a differenti posizioni critiche verso l’uomo sofferente che ormai tra allucinazini e fantasie si avvia alla fine dei suoi giorni. Il film non pretende posizioni ideologiche o peggio giudiziarie nei confronti di Craxi , si intravvede una consunzione del personaggio Craxi che lentamente porterà alla fine dell’uomo , morto di malattia , ma anche alla fine di una politica basata sul l’esercizio del potere ,tramite affarismi ,compromessi economici, finanza lecita e non. In molte scene ironiche Craxi mangia avidamente piatti di pasta e in una di queste con l’ospite politico di opposizione , alias Renato Carpentieri si lascia sfuggire, mentre sforchetta nei due piatti la memorabile battuta : ecco il magna magna ,frase tipica dedicata a tutto il ceto politico del periodo. In ultimo giustifico la lentezza di ritmo del film con un azzardo di paragone con i ritmi lenti e le pause lunghe dei discorsi craxiani ben resi da Favino nel film. In conclusione un film che non lascerà indifferenti quanti hanno conosciuto la politica degli anni ottanta , anche se con una tagliente battuta riferita forse oggi alla media degli spettatori del film, Carpentieri dice: nessuno muore più di prostata ! ( mauridal).
I COMMENTI al film sulla pag Mauridalfilm FB
Hammamet? Film prudente. Il regista ha fatto un compitino corretto, ma esangue. Di Craxi non interessa al pubblico la famiglia o il suo piccolo harem, ma quello che ha rappresentato per l'Italia. Amelio dopo un buon inizio ci ha "appallato" con le vicende personali del leader socialista. Peccato perche' ha avuto un Favino ancora in stato di grazia. Poi vi sono degli aspetti della vicenda di pura fantasia che appesantiscono il film e lo rendono confuso. Un'opera ad andamento lento per pigrizia o paura. Peccato! Biagio Biancardi.
Hammamet:....è difficile fare un film su Craxi...meno sull'epoca che ne ha contraddistinto l'ascesa. Il regista ricorre ad un titanico Pierfrancesco Favino...ma lascia solo immaginare l'accaduto. Craxi è decadente, disilluso,consapevole della fine prossima. Come docente di letteratura inglese non posso fare a meno di vederci un Re Lear shakesperiano, un Macbeth o uno dei personaggi da Amleto.E' sicuramente la scelta migliore operata da Gianni Amelio......il protagonista è letterario, lucido ma non "cronacistico " come forse ci si attendeva. Chiunque cerchi la verità su quegli anni...desista dalle sue intenzioni ma la verità storica successiva io la leggo nella improvvisa apparizione di Berlusconi in un lucido discorso sulla guerra in Serbia. Hammamet è un buon film ,non un grande film ma merita attenzione . Ci ho visto la agonia politica del nostro paese che si è manifestata subito dopo la scomparsa di una figura istituzionale che merita una rilettura. Gennaro Montanaro .
Biagio Biancardi : ho visto Hammamet. Grande interpretazione di Favino e film incentrato molto sull'aspetto umano di Craxi. La seconda parte e' un po' lenta; in alcuni tratti soporifera, di pura fantasia ed anche illogica. La figura di Craxi politicamente viene solo sfiorata perche' era ed e' negativa. Teorizzava l'impunita' per la politica corruttrice ed ha distruuto un partito secolare il PSI condizionato dai suoi deliri narcicistici e che dopo la Sua fuga in Tunisia con alcuni rantoli e' morto. Andreotti ha affrontato i processi con dignita. Bettino e' fuggito. Anche questo aspetto ne fa un politico modesto e mediocre. Pero' rispetto all'ipocrisia ed al cinismo democristiano e comunista era piu' vero e genuino. Questa umanita' la manifesto' anche nel "Caso Moro", da tutti abbandonato, compresi i suoi compagni di partito, ma non da Lui. Riposa in pace.
PARASITE un FILM di BONG JOON HO
PARASITE un film di Bong Joon-ho 2019. Corea del Sud Quando una cinematografia importante come la sud coreana e in genere quella asiatica estende oltre confini il proprio mondo , le tradizioni la cultura anche la storia recente , allora bisogna inforcare una lente speciale , per leggere e decifrare e fruire delle opere realizzate, da registi relativamente giovani come Bong Joon-ho che si è formato con il cinema americano e a suo dire con i maestri Scorsese e Tarantino. Una lente occidentale che prevede necessariamente una cultura dl cinema anche europea e italiana . Certamente il bravo regista Bong non ha potuto conoscere Ettore Scola che con il suo Brutti sporchi e cattivi ha largamente anticipato il tema di Parasite. Ovviamente con tempi e luoghi opposti , ma in fondo la povertà , che passando per la miseria umana e il degrado fisico e morale produce violenza , non tratta di una novità nella vita del genere umano . Intanto bisogna dare atto al regista di aver realizzato un film nel contesto sud coreano , con abilità e trattando bene il linguaggio cinema, appunto saltando i generi thriller, dramma, horror, sfiorando la commedia , l’umorismo noir, in definitiva sfuggendo alla classificazione ,mettendo i crisi lo spettatore e il recensore. Tuttavia possiamo fissare alcuni punti , i personaggi sono interpretati da attori e attrici giovani che a volte stupiscono per bravura e bellezza e invece la recitazione dei personaggi anziani il padre , la madre e gli altri stentano per credibilità specie nella seconda parte decisiva del film dove la violenza Pulp e la ferocia criminale non rendono i livelli del maestro Tarantino , anzi sembra una gratuita e idiota svolta di scena per eliminare personaggi non più utili alla storia. Dunque sorgono dubbi , sulla reale portata dei premi prestigiosi ottenuti dal film, in tante occasioni .Forse una attestazione di importanza al nuovo cinema sud coreano che intercetta il pubblico internazionale anche europeo, ma forse di più, un riconoscimento al regista Bong nel voler giocare con i generi e lavorare con competenza tecnica al film, dalla ripresa al montaggio alla scenografia. Sebbene la sceneggiatura si avviluppi nel finale , lo spettatore , riesce a seguire fino in fondo tutta la storia di questa famigliola di poveracci che tentano la scalata alla ricchezza con inaudita e stupida ferocia. (mauridal) .
JOjORABBIT. unfilm di Taika Waititi( David Cohen).
JO JO RABBIT un film di di Taika Waititi( alias David Cohen) Il regista è anche sceneggiatore ed interprete del film, nel personaggio di Hitler , mentre il giovane protagonista ,Roman Griffin è di grande bravura ,interpretando un bambino come JoJO detto rabbit, coniglio, per tutti i suoi nazi amici che inizialmente lo colgono spaventato all'ordine di un soldato di uccidere un coniglio per provare il suo coraggio. Su questa falsariga dell'invenzione tra fantasia e narrazione il film sviluppa il tema della assurdità del nazismo come fenomeno umano più che politico. Non si tratta minimamente di un film storico ,e neanche di un film per bambini anche se racconta una storia di un ragazzino di dieci anni ambientato nella Vienna del '45 alla fine del nazismo e della seconda guerra. La sceneggiatura è tratta da un romanzo , il cielo in gabbia e descrive il bambino JOJO, piccolo infatuato dalla propaganda nazista dell’epoca che diventa volontario della gioventù nazista e preso dall'inconscio desiderio di una figura paterna che non ha, immagina la figura di Hitler come un fantasma amico , che lo accompagna e gli parla nei momenti in cui è da solo o in difficoltà. Quando un regista e il suo film si prefiggono di demolire un personaggio , nel caso, tragico come Hitler e il nazismo come tragica storia, allora le strade narrative sono poche, quella scelta dal regista è la parodia , insieme a momenti di paradosso e di pantomima. L'effetto finale è gradevole con una storia ben fatta quando il ragazzino che scovando nella sua casa una ragazzina ebrea nascosta dalla madre che invece è antirazzista e partigiana, ne diventa amico e addirittura complice , dopo aver fatto fuori l'amico Hitler immaginario . Un paradosso quindi la figura materna che pur amandolo come un figliolo non rappresenta per lui un esempio da seguire e infatti il piccolo JO JO alla fine si innamora della ragazzina Elsa ebrea nascosta ma che la madre considera come una figlia .Dunque si intrecciano sentimenti e passioni sullo sfondo di vicende e personaggi tragici e talvolta violenti, anche se il tono è smorzato da momenti ironici e istrionici. La chiave umoristica è vincente per questo film che altrimenti avrebbe preso una piega di inaudita tragicità trattando della stessa storia. Il regista invece si è ritagliato una parte comica ,interpretando Hitler con delle pantomime irresistibili. Anche la bella e brava Scarlett Johansson, contribuisce nel ruolo della madre alla riuscita del film. (mauridal)
Richard Jewell.
Un film di Clint Eastwood.
Quando lo stato e la polizia indicano un colpevole ,da noi è innocente, e da voi? Ecco basterebbe questa battuta della segretaria russa di un avvocato americano che vuole difendere ostinatamente un uomo innocente ,ma che i due poteri forti degli USA , lo Stato e i media vogliono a tutti i costi colpevole , per racchiudere tutto il senso della storia raccontata da Clint Eastwood . Una storia vera quella di Jewell Richard, indicato dalle cronache dei media nel 1966 come eroe per aver sventato un massacro dopo l’esplosione di una bomba durante le olimpiadi di Atlanta in quell’anno. Gli stessi giornali e la TV la polizia , FBI lo considereranno poi invece autore dell’attentato sulla base di falsi indizi e false considerazioni sul personaggio Jewell, contraddittorio e inattendibile , colpevole per molti , tranne che per l’avvocato un amico che crede alla sua innocenza. Dunque una storia esemplare per un Clint che ancora vuole raccontare la forza della giustizia e la bontà delle istituzioni americane . Intanto nonostante errori e persone sbagliate ai posti di potere , nonostante la pressione della stampa e TV alla ricerca del mostro , alla fine per Clint il bene e il buono trionferanno sui cattivi .Lo schema cinema western si riconferma e questo Richard Jewell eroe buono , ha solo la particolarità di essere anche un patriota intontito e leggermente idiota nelle mani di furbi e a volte stronzi poliziotti e agenti federali. Dunque Il personaggio dell’avvocato Watson invece è il vero buono , difensore di innocenti , il vero pistolero che colpisce al cuore con le armi della legge e dei regolamenti costituzionali , tutti i cattivi, fossero anche funzionari e agenti FBI . Clint Eastwood non smentisce mai la sua origine e qui forse in più mostra una decisa critica ai poteri forti che schiacciano i più deboli anche se eroi buoni. (mauridal)
Gli anni più belli, un film di Gabriele Muccino Italia 2020
Quando una generazione si vuole raccontare, allora il narratore di turno sceglie la maniera più facile e diretta , ad esempio riferire le storie del Gruppo di Amici che ridendo e scherzando dichiarano le proprie ambizioni, le conquiste , le angosce e le sconfitte. Questo film pur non rappresentando una novità originale in questa tematica generazionale, si distingue per aver centrato nel gruppo di amici di cui si parla , alcuni personaggi che rappresentano una tipologia umana realistica ed effettiva. Intanto lo sviluppo della storia prende circa trent’anni di vita dei personaggi dai sedici ai cinquanta anni coincidenti storicamente con gli anni dai settanta ai novanta ,e questo lungo periodo necessariamente intreccia varie storie personali e vicende differenti tra il sentimentale e il sociale , appunto tra pubblico e privato. Ogni personaggio tra i quattro magnifici amici, rappresenta un caso in relazione all’altro, e insieme riescono ad essere gruppo , così come negli anni settanta effettivamente è successo in tante realtà italiane e non solo. Lo scenario di fondo è la città di Roma , tanto cara al regista Muccino dove si intrecciano storie ,e personaggi, tra i quali distinguo , Riccardo e Giulio interpretati al meglio da Claudio Santamaria e da Pierfrancesco Favino che riescono a rendere il senso della intera storia del film, quando l’uno rappresenta un giovane di belle speranze artistiche che non trovano però riscontro nella realtà anche e dopo varie esperienze sia nel lavoro che nella famiglia, e l’altro Giulio ,da giovane povero ma determinato che tenta la scalata al successo e vi riesce nel suo lavoro di avvocato ma rinnegando i suoi principi di uguaglianza e difesa di diritti dei deboli. Dunque una buona rappresentazione di quella bella gioventù che in precedenza già fu rappresentata nel cinema da Marco Tullio Giordana nella meglio gioventù o addirittura ancor prima da Ettore Scola in c’eravamo tanto amati. Dunque una dimostrazione che la storia si ripete e forse proprio nel caso di vicende di ricorsi generazionali è ancor più vero , pur con i dovuti distinguo. Intanto altro particolare che non può sfuggire è la presenza della morte e della nascita , nel caso delle madri di due amici e di un neonato di una coppia , la qual cosa può rappresentare una constatazione e una speranza al contempo , ovvero così come la gioventù si ripete anche la vita ha una sua logica temporale ,la morte di una vecchia madre si trasforma nei vagiti di un neonato. Il regista Muccino ormai cinquantenne si consegna al gruppo di amici , che scherza e ride come negli anni più belli , con uno sguardo di speranza alle nuove generazioni che si affacciano alla vita. (mauridal)
FAVOLACCE un film dei fratelli. D'INNOCENZO
Favolacce . Un film di Fabio e Damiano D’Innocenzo ITALIA 2020 Un film scritto e diretto da due fratelli, situazione che ha illustri precedenti e direi una storia lunga nella cinematografia. A partire dai Lumiere, passando per i Coen , per i fratelli Taviani, ancora per i Vanzina, , per finire con i Manetti Bros appunto. I due fratelli D Innocenzo , sono una conferma quindi di come una identità di singoli fratelli possa esprimersi nell’arte della cinematografia , che però coinvolge e si rivolge non tanto ai singoli individui ma alla comune identità collettiva di più persone estranee ,sconosciute tra loro ma accomunate contemporaneamente dalla visione di un film. Un mistero dunque di come possa nascere in due fratelli , addirittura gemelli come nel caso di Fabio e Damiano D’Innocenzo, una coincidente visione della realtà da raccontare , a favore di un pubblico di spettatori non certo soltanto parenti o amici degli autori, ma sicuramente amici fraterni del cinema . Da qui forse il mistero si chiarisce , nella visione del film favolacce , poiché la storia narrata non è la realtà vissuta direttamente dai due autori, ma un richiamo di storie ascoltate , anche immaginate nella mente di ragazzini , di adolescenti anche bambini che osservano, ascoltano il mondo degli adulti, che sono i genitori, per primi, e poi tutta la varia umanità buona o cattiva, malvagia o docile con cui vengono in contatto. Dunque più che una favolaccia, si racconta una storiaccia di genitori che non lo sono, in senso affettivo, educativo o di buon esempio per la vita di future generazioni. Il film è una dichiarazione di sfiducia verso gli adulti genitori falliti o mancati, sfiducia tragicamente poi dimostrata da figli bambini , oppure adolescenti che lasciati soli si auto distruggono e dunque scompaiono . Intanto il linguaggio narrativo non è un realismo verista, ma direi più onirico e immaginario , poiché il racconto si svolge come un diario di una ragazzina che appunto descrive le storture e le violenze familiari. Intanto è probabile che i registi abbiano tratto dai loro ricordi di infanzia o adolescenziali, le storie narrate , ma sicuramente il film procede per immagini come un collage di situazioni ,personaggi , luoghi volti non necessariamente legati in successione . Il dialetto romanesco parlato ,farfugliato non sempre aiuta il racconto ,ma l’esperimento narrativo è interessante, il ritmo si allunga nel finale per chiudere nel silenzio del volto dell’unico attore che recita sul serio, Elio Germano ,efficace nel personaggio di padre incapace, inadeguato a crescere i figli. Un film che non pretende di essere una denuncia o un racconto psicologico, consegna al pubblico una rimessa narrativa di immagini e storie liberate dai due registi, fautori di una probabile novella corrente del cinema italiano. (mauridal)
LA VITA INVISIBILE DI ERIDICE GUSMAO. UN FILM Karim Aïnouz, 2019 Brasile Recensione mauridal.
La vita invisibile di Eurídice Gusmão . FILM di.Karim Aïnouz, 2019 Brasile Recensione mauridal. LIla e Lenù in versione brasiliana , qui sono due sorelle chiamate Guida ed Euridice , ma la vicenda non cambia di molto. Ambientato a Rio de Janeiro del Brasile anni quaranta , cinquanta, e si ripercorre le vicende delle due sorelle complici amiche per una serie di anni insieme , fino al momento che la ragazza più dotata di cervello, Euridice , decide di non seguire l’altra diciamo “geniale” perché impulsiva , che parte in Grecia con un marinaio, di nascosto alla famiglia di umili origini, alla ricerca dell’amore ad ogni costo. Euridice sembra voglia essere una musicista, ma sicuramente è una personalità mediocre e decide di rimanere in famiglia con lo schema patriarcale di paesi e società arretrate economicamente e culturalmente, di qualsiasi continente facciano parte.La sorella poco geniale promessa mancata alla musica , si adatta alla famiglia di origine e poi creandone una simile per se stessa. Intanto Guida fuggita in Europa con l’uomo sbagliato cerca di mantenere i contatti con la sorella scrivendole centinaia di lettere senza risposta. Qui la sceneggiatura si indebolisce per questa situazione di una ricerca inutile poiché in fine la sorella Guida abbandonata dal marito e madre di un figlio , invece di trovare una soluzione di vita autonoma in Europa magari in contatto con la sorella, inspiegabilmente torna in Brasile a casa del padre e della madre che la respingono per il comportamento di vita anomalo, Il regista dai buoni propositi vuole dimostrare come le famiglie patriarcali sono nefaste per le figlie geniali, riuscendo in parte a narrare la verità dei fatti , meno che mai quando la madre obbedisce all’ordine di nascondere il ritorno a casa della figlia Guida respinta, all’altra sorella, che pur vivendo nella stessa città, non la incontra mai. Guida continua a scrivere lettere pensando a Euridice a Vienna in conservatorio e alla madre per recapitarle alla sorella. Dunque un guazzabuglio di fatti e personaggi che poco convince ai fini di una storia in parte già narrata e nella letteratura e nel cinema. Il regista si è addentrato nell’animo femminile dei personaggi, seguendo alla meglio il romanzo dell’autrice Martha Batalha che forse nel contesto storico letterario, viene maggiormente colto. Impegno e bravura per le due attrici interpreti Carol Duarte, Júlia Stockler, buona la resa visiva delle immagini con la ambientazioni anche a tutto campo della città di Rio , in contrasto con gli spazi interni delle case dove si svolge la vicenda. ( Mauridal)
VELENO un film.
Un film di Diego Olivares. Con Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Salvatore Esposito, Miriam Candurro, Gennaro Di Colandrea. continua» Drammatico, : durata 101 min. - Italia 2017. -
VELENO un film regia DIEGO OLIVARES
UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
RECENSIONE DI MAURIDAL La storia della terra dei fuochi è ormai nota ,un intero territorio della Campania Felix contaminato dai rifiuti tossici versati, interrati nel terreno delle campagne ad opera delle organizzazioni , delle famiglie di camorra e malavitose della zona del casertano , dove hanno operato e lucrato. Questo film racconta una verità, con gli occhi di una famiglia di due fratelli con mogli e figli che proprietari di un terreno, non vogliono cederlo ai potenti , ai mafiosi, a nessuno neanche ai vicini che invece vendono per usare terreni allo scopo di versare rifiuti . Un punto di vista interno dunque, dalla parte di chi è nato, ha vissuto la vita della campagna , quella naturale , dell’agricoltura come i due fratelli Cosimo ed Ezio , che hanno anche una maledetta stalla per le bufale ,che è presa di mira , viene bruciata con tutto il bestiame , per convincere i fratelli a cedere il terreno. Le premesse per un film gomorroide ci sono tutte, ma il regista attento al linguaggio realista , realizza un film degno della migliore cinematografia italiana a pari di un neorealismo forse stile Rossellini e de Sica , ma , poco importa al fine di raccontare una storia che più vera, direi intima non si poteva fare. Si entra nell’intimità della coppia Cosimo /Rosaria ottimamente interpretati da Massimiliano Gallo/ Luisa Ranieri , per raggiungere l’unica verità possibile , di rifiuti tossici si muore, così come è stato per troppi degli abitanti , donne uomini e bambini della zona , la Terra di Fuochi. Si entra nel conflitto familiare di due fratelli di cui l’uno vuole difendere la tradizione agricola del luogo e la storia della famiglia , mentre l’altro vende il suo terreno cedendo alle lusinghe del consumismo, del danaro che tutto può, comprare, dai sindaci alla politica alla aziende , alle donne, alla legge, fino ai più alti gradi dello Stato. Tranne che la morte. Dunque di morte si tratta nel gran finale del film, e forse anche nella reale vicenda dei personaggi della terra dei Fuochi. Cosimo il buono , muore, di malattia, così come muoiono uccisi dalla violenza tutti gli altri , i cattivi e i brutti, tra cui un Salvatore Esposito distinto come attore , mentre vivrà la speranza nella superlativa Luisa Ranieri , che mostra al meglio le sue doti finalmente recitando stretto nella sua lingua . ( mauridal)
LE CONFESSIONI Un film di Roberto Andò. Con Toni Servillo, IT 2016
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L'ERETICO AL SUMMIT di MAURIDAL Feedback: 11583 martedì 26 aprile 2016
A volte quando il silenzio ti aiuta a non giudicare, a non assolvere né condannare, quando sei parte di un gioco più grande di te ,ma pur sempre un gioco a cui non vale la pena giocare perché i grandi o presunti tali che giocano non sono compagni di gioco, ma acerrimi nemici la cui posta in gioco è la distruzione totale e senza resa, allora ben venga un eretico , un monaco eretico votato al silenzio e all'ascolto delle altrui pene , ma senza poteri, senza alcuna voglia di possedere niente neanche la propria vita. Ben venga e si sieda pure al tavolo dei potenti della terra che giocano ad affondare o a salvare popolazioni e nazioni intere sulla base del dio denaro e del suo profitto.Ben venga il monaco Salus, che professa la sua eresia di fronte agli adoratori della moneta, feticcio di economie che non producono vita e benessere , bensì illusioni di progresso con annesse guerre e distruzioni . Il monaco Salus non è un politico , neanche un religioso teologo, ma sa fare un po' di conti, perché era un matematico, da giovane laico e si accorge che al tavolo del Summit alias G8 siedono dei personaggi che, ai vertici dell'economia mondiale e della politica internazionale, a conti fatti non sono che delle anime perse senza speranza, e che non possono neanche dare speranza e occasione di vita ai popoli che governano, anzi ,per le leggi che loro stessi si danno sono condannati a infliggere anche pesanti condizioni , alle nefaste conseguenti decisioni da loro prese. Questo film, Le Confessioni , non può dire nulla di nuovo, né indicare vie di uscita, ma come ogni opera di ingegno creativo, che può e deve farlo, mette in chiaro la situazione, che tutti sanno , ma nessuno riesce ad affrontare risolutamente come molti vorrebbero e chiedono .Un film è una visione dell'immaginario di un autore e non un'azione diretta a cambiare il mondo , come molti tra spettatori delusi e critici integerrimi credono di volere. Ma perché affrontare temi così totali e non scendere alle cecchozalonate di sicuro effetto su tutti e dico proprio tutti , i palati. La mia risposta è dalla parte dell'eretico Salus che alligna anche nel povero regista Roberto Andò , Quando un angioletto non parla, finisce rinchiuso in una cella scura ma quando un uccellino tropicale raro canta, tutta la foresta zittisce e lo ascolta. vorrei inutilmente paragonare questo cinema narrativo -politico al cinema dei tanti Rosi, Taviani Petri, con le tante facce di G. Volontè, infatti credo basti una singola espressione di Servillo monaco Salus a compendiare i personaggi antecedenti dei film degli autori citati . Una visione da pubblico maturo , non chiede alla fine del film, e allora? ma innesca coma da qui, ora, una discussione che andrebbe fatta sempre in ogni occasione che ci riguarda, ma oh, pardon ! si trattava di un pubblico maturo.?!( mauridal) [+]
ROSA PIETRA STELLA. un film di Marcello Sannino
Il film di Marcello Sannino è un film coraggioso e tagliente, affronta vari temi intimi, e sociali , in un contesto difficile da definire se di conflitto tra miserie umane e difficoltà economiche, oppure entrambe le condizioni vissute dalle protagoniste, Carmela, ragazza madre e la giovanissima figlia Maria che vivono tra Napoli e Portici e l’immediata periferia . Lo sfondo di Napoli non è quello che a cinema si è già visto, anzi. I tratti accennati della città sono crudi e aspri . Tuttavia il popolo si mostra sempre umano e quindi pronto ad aiutare persone come Carmela senza un lavoro , e poi sfrattata dalla casa . Il film rende un aspetto poco visibile della realtà di Napoli , la presenza di personaggi che lavorano in semi legalità, anche all’interno di istituzioni come i tribunali . Carmela pur di sopravvivere con la figlia adolescente e di buoni principi, cerca di guadagnare soldi procurando permessi di soggiorno ad immigrati africani arrivati con vari espedienti. Qui nella storia di affetti e sentimenti anche difficili tra madre e figlia, nonna e ancora altre figure femminili, si inserisce una vicenda di malaffare che coinvolge loschi figuri di avvocati disonesti che procurano legalmente documenti dietro lauti compensi. Carmela, donna di sicura personalità volitiva, accetta di trafficare con e per gli immigrati pur di ottenere la sua parte. Intanto si inserisce un personaggio maschile con una sua umanità dolente ma di aiuto per Carmela , Tarek algerino immigrato inserito , con un lavoro appunto semi legale colloca i suoi connazionali con lavori temporanei, presso imprenditori senza scrupoli. Forse l’unico personaggio che con Carmela riesce a parlare e a sentire una comune difficoltà di vivere. La storia del film prende una svolta quando Carmela, viene sfrattata dalla sua casa non trovando alternative ad una impossibile convivenza con la madre e la sorella in conflitto con lei da sempre. Una storia dai molteplici livelli di lettura, Madre figlia, innanzitutto una versione al femminile di un rapporto di non - famiglia che tiene comunque unite delle donne , anche se in conflitto. Dunque una lettura sociale , con la difficoltà di lavoro e guadagno, e la conseguente vita difficile che nel caso porterà Carmela a scelte sbagliate. Decide di occupare una casa andandoci ad abitare con la figlia in un appartamento della curia con un parroco che aveva già rifiutato di aiutarla, Sembrava una svolta di tranquillità , per Carmela e la figlia Maria , che intanto tra mille problemi frequenta le scuole medie pure se segnalata ai servizi sociali. Infine interviene la realtà crudele dei fatti. Carmela viene denunciata e la polizia su segnalazione dei servizi sociali preleva dalla casa Maria per trasferirla in casa famiglia. Anche qui si intravvede una figura femminile contraria a Carmela e in conflitto , la dottoressa dei servizi che già aveva segnalato il caso. La Storia di Carmela , poco rosa e molto pietra e forse stella , finisce , nella disperata ricerca dello sguardo della figlia Maria , dall’esterno di una finestra della casa famiglia , dove si reca per trovarla. Molto lontano questo personaggio ben interpretato da Ivana Lotito, dalla Carmela della canzone napoletana donna pienamente desiderata dall’amore del suo uomo. Da segnalare la vivace interpretazione di Maria ,da parte di Ludovica Nasti ormai attrice , viscerale e autentica, in previsione di future interpretazioni, di sicuro geniali. (mauridal).
IL SINDACO DEL RIONE SANITA. regia di Mario Martone
Il sindaco del rione Sanità Eduardo , ai giovani napoletani disse : fujtevenne ! Scappate via da Napoli ! Ovviamente un grido di dolore di un vecchio artista ormai disilluso rivolto a quella parte buona di generazione giovane che per poter vivere secondo begli ideali e buone competenze , non può rimanere in una città dal malessere stratificato , come la sua storia millenaria . Eduardo, commediografo , Mario Martone , regista di cinema e teatro , uniti dal pessimismo per il riscatto civile e umano della città di Napoli tutta da decifrare ancora , nonostante l’antropologia socio culturale . Città di Napoli raccontata da diversi e opposti punti di vista la Napoli di Eduardo, è autenticamente popolare dove i personaggi nascono e vivono nel popolo ne fanno parte., sono la città viva , con tutte le contraddizioni e le impossibilità a risolverle ,con la tragedia che incombe , ineludibile. La città di Martone , è la sua rappresentazione , è il teatro perenne nelle strade , nelle case dove vivono le stesse persone che nel proprio vissuto diventano personaggi , e questo film è esattamente il teatro di personaggi che recitano la propria vita . Ottima scelta per un regista napoletano che conosce la realtà dei quartieri centrali e periferici dove ha lavorato, con la speranza della cultura , come viatico, con la consapevolezza che teatro , cinema istruzione, possano sconfiggere o almeno superare l’ignoranza di giovani e vecchi . Dunque il Barracano giovane non è molto diverso dal vecchio personaggio di Eduardo , sindaco di un rione Sanità che avrebbe contribuito a riscattare , come Eduardo realmente ha fatto con i giovani detenuti del carcere di Nisida. Dunque questo film ben recitato da attori ormai professionali , è per Mario Martone una scommessa riuscita una piccola rivoluzione culturale stavolta realizzata , e chissà che non riesca a trascinare altre esperienze culturali non solo nelle periferie ma proprio nel cuore storico di Napoli . La lotta tra il bene e il male tema di sottofondo del testo , diventa una lotta interna nelle viscere del personaggio Barracano che alla fine da malamente ,si sacrifica , pur di non iniziare una faida familiare. Per la cronaca , fino ad oggi nessun capo clan ha evitato niente e molti giovani sono finiti morti ammazzati. Un film , che non ricalca il genere gomorroide e questo è un pregio per gli autori e per tutti coloro che lo hanno realizzato , ben sapendo che il successo di pubblico non è mai prevedibile , ma consapevoli che una traccia nel cinema d’autore questo film potrà lasciarla. ( mauridal)
ENZO, DOMANI A PALERMO. UN FILM. di Franco Maresco.
Maresco Franco? Dica... Enzo è un organizzatore cinematografico siciliano, che ha collaborato con grandi registi, quali Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Francis Ford Coppola, Giuseppe Tornatore . Enzo Castagna vive e lavora con molti collaboratori nel sottobosco delle produzioni cinematografiche sia locali siciliane che soprattuto nazionali. viene ingaggiato dai grandi nomi del cinema per poter girare film, a Palermo o in Sicilia.Chiaro che Enzo deve garantire una perfetta organizzazione alle troupe che girano film in Sicilia .Franco Maresco il regista che conosciamo, come suo amico sottopone lo scaltro e ironico Enzo , ad una intervista filmata , dove cerca di carpire il segreto di tanto indiscusso potere sul territorio e nel suo lavori di cinematografaro. Si arriva al dunque quando si accenna alla condanna su accusa di un collaboratore di giustizia per aver preso parte ad una rapina organizzata dalla mafia e avvenuta all'ufficio postale centrale di Palermo. Il bottino di 11 miliardi di lire, 9 in contanti e il resto in titoli di credito, il tutto è stato rapidamente recuperato dalle forze dell’ordine. Castagna diventa così un personaggio di Maresco ,tra il vero e il surreale , quando si proclama innocente e dichiara di non occuparsi della mafia e di non avere niente a che fare. Un vero cinicoFilm filmato come solo Ciprì e Maresco sanno fare . Un Film documento di personaggi e di storie incredibili, ma reali di una realtà che solo un un Cine- occhio come Maresco Franco, scopre e divulga. (mauridal)
IL BUCO IN TESTA un film di ANTONIO CAPUANO
IL BUCO IN TESTA DI ANTONIO CAPUANO . Maria S . vive vicino al mare, in provincia di Napoli. Ha un lavoro precario, nessun amore. Una madre praticamente muta. Quarant’anni prima, un militante dell’estrema sinistra ha ammazzato suo padre, vicebrigadiere di polizia poco più che ventenne, nel corso di una manifestazione politica. Maria è nata due mesi dopo. Un giorno apprende che l’omicida del padre ha un nome, un volto, un lavoro. Ha scontato la sua pena e vive a Milano. «Adesso so chi odiare», pensa Maria. Si tinge i capelli e prende un treno veloce per andare a incontrarlo. Ha con sé una pistola. E' il risultato di un percorso psicologico e umano che la giovane donna, ha intrapreso anche per liberarsi del passato di violenza sempre presente ancora nella sua vita quotidiana, precaria e insofferente. Certo il tema personale della vita affettiva di Maria si intrccia con difficoltà con il clima politico delle violenze negli anni settanta in Italia e non solo. L ' estremismo anarchico e di sinistra come anche lo squadrismo fascista, e le stragi e i servizi dello Stato deviati, e i tentativi di golpe , i partiti e la politica corrotta, tutto questo ha concorso a formare una generazione di giovani, tutto sommato allo sbaraglio e in confusione, La protagonista del del film Maria , è infatti confusa e disperata quando parte per Milano per incontrare l'ormai vecchio patetico estremista e vendicarsi magari uccidendolo. Dunque un film difficile , che affronta nell'intimo il trauma dei figli di personaggi uccisi dalla politica estremista, o dalla mafia, Dalla Chiesa, Calabresi , con tutto il resto della vita da loro stessi vissuta . Con il ritorno a Napoli , Maria lascia il passato alle spalle ma non risolve il suo futuro come neanche tutte le storie che tanti hanno avuto in quegli anni. ( mauridal).
IL LADRO DI CARDELLINI UN FILM DI CARLO LUGLIO
Un film fuori da ogni schema, convenzionale , sia produttivo che narrativo pur mantenendo un linguaggio filmico coerente e aderente ad un cinema di satira e ironico su alcuni aspetti di cultura popolare napoletana , come il cardellino che canta nella gabbietta di casa , o come la figlia canterina di un vecchio padre licenziato e disoccupato, che pensa alla silhouette, stramangiando dolci e ogni cosa, o come le serate canore di matrimoni con volo di colombe tipici di famiglie in zone popolari . Intanto c’è la trovata geniale della storia di Pasquale ,vecchia guardia forestale, che di contro fa il bracconiere ,associato ad una banda di vecchietti terribili , anch’essi dediti alla caccia di uccellini, per passione e per lucrare su qualche specie rara da vendere ad altri appassionati per dire, ornitologi. Dunque una esilarante storia scombiccherata , ma ben curata dal regista Carlo Luglio e da Diego Olivares , in più con personaggi come Pasquale , dalle battute irresistibili, anche se in napoletano sottotitolato , e dalle situazioni tra il tragico -comico che ricordano , nel tratto di viso del bravo interprete Nando Paone addirittura il grande Eduardo . Un film quindi tanto comico, ma direi paradossale sia per i personaggi che per la storia narrata . Un finale tutto in musica da, Sto crescenno nu bello Cardillo, classico di Pino Mauro a Cumpà vola e se ne và di Canio lo Guercio. Buon film da vedere (mauridal)
Volevo nascondermi un film di GIORGIO DIRITTI , con Elio Germano ....
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